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sott'acqua 295


si china sulla lente, e un riflesso del giorno lontano accende il suo occhio. È sorto il sole sul mondo. Il mare si distende luminoso nella fresca serenità del mattino. La riva è apparsa a levante, alta, oscura, rocciosa, truce. Un villaggio, candido come un paese arabo, sgrana giù per tetri dirupi l’armento pittoresco delle sue casette. Alte montagne dai profili scoscesi si affacciano diafane nella distanza. Alcune isole lunghe e brune navigano verso tramontana. Non una vela, non un pennacchio di vapore sul mare, che appare attraverso al periscopio come a chi sollevasse la testa a raso d’onda.

Si vede l’acqua che si agita intorno, vicina, e si è sorpresi di non sentirne il rumore. Essa è muta. La visione ha qualche cosa di soprannaturale che inquieta. Si è turbati vagamente dal senso di una solitudine impossibile: la solitudine nella quale non si esiste. L’uomo sperduto in un deserto, intravvede sè stesso, scorge lo scorcio del proprio corpo: al periscopio non c'è che la visione del mare. È il mare contemplato dall’uomo invisibile. Si è impalpabili sull’acqua. Si è trasformati in un occhio che si libra, in uno sguardo magicamente sospeso sopra un pallido mondo di silenzio.

Ecco che il mare improvvisamente sale, l’onda si gonfia, si avvicina alla pupilla prodigiosa, si avventa, opprime, accieca, seppellisce, e tutto scompare in un turbine azzurro: il periscopio si è riimmerso.