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302 lettere dal mare


stremo del periscopio troppo luminoso mi immergo restando fra due acque.»

Dunque il «V.L.A.» risparmiava energia e scivolava silenzioso ad una quindicina di metri di profondità, quando si udì uno strusciamento leggero e metallico lungo il fianco destro. Nel medesimo momento la vedetta ai vetri della torre gridò: — Una mina sulla dritta a poppa!

Era il cavo di acciaio dell’ormeggio che aveva sfiorato il battello. Per scostare la poppa dal pericolo il comandante ordinò: Tutto il, timone a destra! Avanti a tutta forza! — La vedetta urlò: Incocciata! — Un nuovo comando imperioso: Fermi i motori! — Il cavo della mina s’era impigliato nell’attacco del timone di profondità.

Niente da fare. La fatalità si compiva. Il sommergibile, continuando ad avanzare, appoggiava sul cavo, lo inclinava tutto e vi scorreva contro, piano piano. E la mina scendeva lentamente, veniva giù a strattoni verso il fianco poppiero, sul quale doveva inevitabilmente finire per urtare ed esplodere. Era un’agonia misurata dalla lunghezza di una corda.

Due soli uomini vedevano: il marinaio nella torre, il comandante al periscopio. I più minuti particolari di quella visione si imprimevano con precisione tagliente nel loro pensiero. In certi supremi istanti le inezie ingigantiscono, tutto quello che avviene è grande, solenne,