Pagina:Barzini - Una porta d'Italia col Tedesco per portiere, Caddeo, Milano, 1922.djvu/60

Da Wikisource.

— 50 —


farsi annettere a sua volta da un vicino. La popolazione dell’Alto Adige era portata a noi dalla necessità di vivere, non potendo trovare che in noi l’appoggio indispensabile di una forza statale, ed era portata a noi dal suo disciplinato rispetto verso il potere sovrano. Non ci conosceva e non ci amava, ma prostrata, dissanguata, affamata, sbalordita, amava ancor meno i suoi vecchi capi che l’avevano condotta alla catastrofe. Che cosa abbiamo fatto noi? Siamo arrivati, e alla vecchia oligarchia anti-italiana che occupava tutte le cariche, messa al potere dall’Austria, abbiamo detto come Mac-Mahon al leggendario negro di St. Cyr: Continuez! Continuez!...

Essa ha continuato. In qualche luogo, al primo momento aveva elevato degli italiani reduci dall’internamento, i perseguitati della vigilia, alle cariche municipali, facendone dei parafulmini. Ma il tempo era al buono costante. In tutta fretta i parafulmini vennero buttati giù. Per mostrarci imparziali verso i tedeschi eravamo parziali contro di noi. Pareva ingiusto e inutile favorire gl’italiani, che comunque trattati non potevano disitalianizzarsi. Questi venivano trascurati, abbandonati, e per conseguenza discreditati. Un feticismo bizzarro e tutto nostrano della libertà ci spingeva a circondare di benevolenza e rispetto l’avversione e l’odio dei nemici più palesi, nei quali vedevamo dei patrioti irredenti oppressi dall’invasore. Cercavamo di farci perdonare da loro tutto il male che