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LXVIII INTRODUZIONE

una reazione e una ribellione contro il toscanismo: reazione e ribellione rappresentate praticamente da un ritorno alla produzione dialettale.

E questo ultimo motivo è specialmente evidente in colui, che fu il padre della nuova letteratura dialettale, in Giulio Cesare Cortese.


Una lunga e tenera amicizia legò, durante tutta la vita, il Cortese col Basile. Ed è bello, è quasi commovente il veder così fedeli e stretti l’uno all’altro questi due massimi poeti del dialetto napoletano! Il Cortese cantava in un suo poema, a proposito delle onorificenze, che aveva avuto il Basile dal Duca di Mantova:

                    Dire non saperria quanto sentiette
                    Piacere, audenno nommenare a chillo,
                    Che la fortuna amico me facette,
                    Da che jeva a la scola, peccerillo 1!

E il Basile, nell’introduzione a una delle sue odi: «Il più caro, il più honorato amico dell’autore, che le sacre e sante leggi dell’amicizia serbar sapesse, fu Giulio Cesare Cortese....., il quale, con maraviglia di chi ’l conobbe, mostrò la grandezza dell’ingegno nella picciolezza del corpo, la ricchezza della virtù nella povertà della fortuna, e l’immortalità del merito nella brevità della vita» 2



  1. Viaggio di Parnaso, IV, ott. ult.
  2. Ode, p. 57. Nel Teagene (V, 63):

         Il Cortese, a cui fia scarsa Fortuna,
         Quanto prodigo havrà Febo e le Muse.