Pagina:Beccaria - Opere, Milano, 1821.djvu/46

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xl VITA

mediocre, ma che non sapendo i Francesi far meglio, la dessero a Morellet perchè la racconciasse, e che finalmente così raffazzonata uscisse in luce. Non vale la pena di confutare simili scempie asserzioni che deggiono muovere lo stomaco a chiunque abbia fior di senno. Unicamente ripeteremo che il libro fu messo sotto ai torchi nel 1764 appena composto, che solo nel 1765 ne vennero mandati a Parigi alcuni esemplari stampati, e che Morellet altro non fece che tradurre il libro Dei Delitti e delle Pene, e disporne i capitoli in ordine diverso. Ciò poi che toglie perfino la possibilità d’ogni dubbio ragionevole, si è la pubblicazione che fece Morellet istesso nel 1797, cioè dopo la morte di Beccaria, delle più volte citate lettere. Supposto ch’egli avesse avuta maggior parte in quella composizione, e che avesse nulladimeno fatto stampare le lettere medesime, converrebbe dire che anche queste le avesse inventate come si fa d’un romanzo, per continuare senza il menomo scopo ad attribuire agli altri i propri meriti1.

  1. Parole del Bar. Custodi nelle Vite dei 60 illustri Italiani. Il sig. Formey, segretario dell’Accademia di Berlino, così si espresse in una lettera mandata a Roma al famoso matematico P. Jacquier sotto il 24 luglio 1779. «Avez vous lu les anecdotes que M. Linguet a debitées sur l’origine du livre de M. Beccaria? Elles sont bien injurieuses pour les personnes les plus distinguées de l’Italie, et en parliculier pour mon ancien et digne compagnon le P. Frisi, ou abbé aujourd’hui.» Il precedente squarcio è cavato dalle lettere inedite del cav. Alessandro Verri che si conservano nell’archivio Verri.