Pagina:Beccaria - Opere, Milano, 1821.djvu/50

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il viaggio. Parevagli che più non dovesse rivedere la propria famiglia, nè d’altro parlava se non di questo tristo pensiero che stavagli fisso nell’animo, e che non lasciandolo nemmeno tranquillo nella notte, gli interrompeva con violenza i sonni. Parecchie volle fu sul punto di abbandonare a mezzo un viaggio a cui lo chiamavano la gloria letteraria e la data parola. Giunto finalmente a Lione, più non potè resistere al sentimento ch’erasi impadronito di lui, e scrisse apertamente a Pietro Verri ch’egli avea deliberato di tornare a Milano. “La mia moglie, egli diceva, i miei figli, i miei amici tutti mi assediano: la mia tiranna, l’immaginazione, non mi lascia gustare nè gli spettacoli della natura, nè quelli dell’arte, che non mancano in questo viaggio ed in questa bella città1.” Allora Pietro Verri in un’eloquente risposta gli dipingeva la meraviglia da cui era stato preso nel ricevere la lettera di Lione: lo riprendeva dell’eccessiva sua debolezza, poneagli sott’occhio la gloria che l’aspettava nella capitale della Francia, ed alla fine gli esponeva qual danno ne sarebbe venuto alla sua fama da una tanto repentina e sconsigliata risoluzione. Frattanto era riuscito al cavaliere Alessandro Verri di distogliere l’amico da questo malaugurato proponimento, e d’indurlo a proseguire il viaggio alla volta di Parigi, ove essi giunsero il giorno 18 ottobre. Morellet prese l’incarico di far loro conoscere i filosofi di cui avea tessuto l’encomio

  1. Lettera inedita di Beccaria a P. Verri in data 12 ottobre 1766.