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DI PYTI.

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     Si caro dono, et chi felice è tanto?
     Felice (oime) se pur la fama è vera,
     E Pan indegno del tuo amor, indegno
     Come à veder deforme, horrido, incolto,
     Cornuto et sempre nudo el destro lato
     Sempre di capra forma, et d’huomo essempio,
     Al sol nemico, poi che ascoso il giorno
     Fassi notturno augello, uscendo fuori
     Del mal bosco fronzuto, allhor che tutte
     Mostra Cinthia nel ciel sue lampe accese,
     Et fosse almen gradito il suon di quella
     Roca sua canna che pendente al collo
     Porta, assordando hor quel bel monte, hor questo,
     Fosse almen di valor; come son io
     Armato ė invitto. Ma tu forse ò Pyti
     Non sai si come un giorno ei con Amore
     Postosi, con Amor fanciullo ignudo
     Abbracciato à luttar, lasciossi à terra
     Dal picciolo fanciul, con molto scorno,
     Et con publico riso al vulgo tutto
     Gettar, l’herba donando al vincitore,
     Al vincitore amor dicendo io cedo,
     Io mi sento da te prostrato et vinto,
     All’hor che s’ei come io, fosse si forte,
     Havrebbe di colui per pruova fatto
     Quel che Tirinthio fe del grande Anteo,