Pagina:Bellentani - La favola di Pyti, 1550.djvu/22

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LA FAVOLA

     Fugge Pyti sdegnosa et piu che prima
     Altera in vista, à prieghi altrui si mostra
     Qual dura selce d’è piu alpestri monti,
     Fugge et veloce piu che cerva udendo
     Can che la segua, ò come suol colomba
     Timida volta in fuga, et era homai
     Stanca dal corso faticoso, quando
     Ad un sasso non troppo indi lontano
     L’infelice s’ ssise, e ’n se sicura
     Come ascosa ne stava, udendo quete
     Per li boschi le frondi, e in guisa tale
     Si mostrava al tacer e à gli atti veri,
     Qual si crede veder, quando ancho fugge
     Il gran Libico Augel, che ’l cacciatore
     Non si tosto iterar le grida sente,
     Che per scampo trovar le calde arene
     Ratto trascorre, et fatto in giro un volo,
     Che di polvere intorno ombra ne lassa,
     Timido à terra ponsi, et in oblio
     Posta la fuga de le penne, gli occhi
     Chiude, et Con riso di che ’l vede, il capo,
     Mentre ch’ascoso tien, crede che poscia
     Celi a l’altrui veder quel ch’ei non vede.
Ma Borea che in seguir la havea distese
     Per l’aria le grand’ali, et dal sospetto
     De la rabbia gelosa ha ’l cor commosso,