Ricorra ò Muse alcuna volta, e spenga
Ne i liquidi cristalli, ò smorzi in parte
La sete almen, che vien nel lasso core
Da fatigosi studi in che più verso.
Già non sempre il sanguigno Marte et fiero
Presso il gelato Termodoonte, move
Di rabbia accese le ferrigne squadre.
Ma spesso poi che’n preda e’n stragge hà posto
Hor gli Scithi agghiacciati, hor’i Geloni,
Dicesi che tra Geti in fredda grotta
Et sù le nevi che l’Odrisio accoglie
Getta le membra lascivette e stanche,
Et se stesso in oblio ponendo e l’hasta
Presti à canti, et à suon clemente orecchia.
A cui per far più lieve il grave affanno
Suol l’amata Bellona, hor l’elmo invitto
Torgli vezzosa al capo, et hor’il corpo
Spogliar de le chiar’arme, et quando i fidi
Destrier, che di sudor stillanti sono,
Di man propria adornar, togliendo il nero
Polvere, accolto nel continuo corso.
Cosi pur Phebo, et già non sempre ei l’arco
Tende contro Python, ne sempre in Tbebe
L’ira sua sfoga, ne per dare à Greci