Pagina:Bellentani - La favola di Pyti, 1550.djvu/50

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LA FAʌOLA

     (Disse con gran sospir) di quel ch’i bramo?
     Dunque in giuoco versar poss’io, quallhora
     Veggio te mio thesoro in fior mutato,
     Et te Rosa gentil? ah Rosa amena
     Tu fosti sempre bianca, et eri anchora
     Fin’à quel nero di, che’l fier Cignale
     Mi fè d’ogni mio ben vedova in tutto.
     Candida eri tu Rosa, e allhor mutasti
     Il nativo color, quando mutossi
     In oscuro color la vita mia.
     Ben mi ricorda ò Rosa, che correndo
     Per dar qualche soccorso al caro Adone
     Mi fù da spina il piè trafitto, et vidi
     Uscir di questo piè di sangue un rio,
     Che per l’herbe sanguigne ove tu stavi,
     Tosto le foglie tue vermiglie feo,
     Quasi pur poco (ohime) quasi pur poco
     Fusse al distinto, havermi allhor disperso
     De l’alma tutto il sangue et del cor mio.
     Ma ecco ch’io te colgo pure ò Rosa
     Et ben colto Adon vò pur cogliendo,
     Benche quanta fù mai d’haverti amato
     La gioia del mio cor, tanta à quest’hora
     Di vederti in un fior, m’affligge noia,
     E noia mi tormenta ò cara pianta.
Non cessava Cupido, allhor che’n doglia