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DI PYTI.

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M
ENTRE lontan dal dolce almo mio bene

Frá diversi pinsieri hor temo hor spero,
Et hò di tai desir tal soma al cuore.
     Che non sostengo alcun giogo men grave,
     Per serenar le pioggie et le procelle
     (S’esser mai può) del tempestoso affanno,
     Ch’a mille à mille (ahi fiero amor che’l fai)
     Sento surger nel volto, et ne la mente,
     Canta musa leggiadra et amorosa
     Erato santa, et la dorata cetra,
     Presso quest’arborscel mai sempre verde
     Che’l chiaro Mintio le fresch’acque adombra,
     Muovi, et col dolce suon almo et celeste
     Fà che la voce anchor conforme accordi.
Cosi gia consolasti il grande Achille
     Doglioso per la tolta amata Donna,
     Cosi fosti ad Orpheo dolce ricorso
     Mentre perduta Euridice due volte
     Le selve ombrose à se trahendo, e i sassi
     Fece al grave dolor seconda uscita,
     Gia non intendo di Pelide l’ira
     Ne gran gesti cantar con toschi versi.
     Ma sol di Pyti l’infelice fine,
     Di Pyti, á cui si nocque l’esser bella,
     Che dal fiero Aquilon fu spinta à morte,
     Onde è ben dritto che sua fama occolta


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