Pagina:Beltrami - Teoria fondamentale degli spazii di curvatura costante - 1868.pdf/18

Da Wikisource.
14

donde si conclude intanto che la formola (1) rappresenta l’elemento lineare di uno spazio di curvatura costante anche quando le variabili , , sono indipendenti fra loro e non punto legate dalla relazione (2), salvo che in questo caso il numero delle dimensioni dello spazio è e non sussiste più la proprietà che le linee geodetiche sono rappresentate da equazioni lineari1. Ma una conseguenza assai notabile che si deduce dalla espressione (21) è che lo spazio ad dimensioni ha la sua curvatura nulla in ogni punto, poichè il suo elemento lineare ha la forma


Ed infatti, se si pon mente alla formola di Riemann (19) si vede subito che l’elemento non può ridursi ad essere la radice quadrata della somma dei quadrati di tanti differenziali esatti quante sono le dimensioni, se non si abbia . Lo spazio è dunque uno di quelli che Riemann denomina piani (II, § 1) e nei quali rientrano il piano e lo spazio ordinario, definiti dalle formole

, .

Ora l’equazione ammette una molto semplice interpretazione, dietro quanto precede. Il punto all’infinito sull’asse delle , ha per coordinate

, ,

e quindi l’equazione (13) diventa per esso


dove . Dunque

,


epperò l’equazione equivale a quest’altra , donde si conclude (poichè è arbitraria la direzione dell’asse delle ) che lo spazio ad dimensioni non è altro che una delle traiettorie ortogonali



  1. La forma (21) è stata indicata, per il caso di due sole dimensioni, dal sig. Liouville, nelle sue note all’opera di Monge, p. 600.