Pagina:Berchet, Giovanni – Poesie, 1911 – BEIC 1754029.djvu/314

Da Wikisource.

ch’alto sul capo in aria gli carola.
20 Misto di lodi e di profumi invia
natura al raggio della vita il canto;
e il villan canta intenerito, e gode
del sorriso de’ campi e della pace
che gli infiora i vigneti e la convalle,
25 e fida intanto la consorte il desco
a lui prepara, e casti amplessi e baci.
Corre la cara famigliuola, e innalza
le pargolette mani al suo ritorno,
balbettando la gioia; e i figliuoletti
30 bacia il buon padre, gli accarezza e in seno
della sposa depone e ancor li bacia.
Né coscienza roditrice i sonni
rompe che Amor protegge. All’ illibato
letto non giunge nella notte il passo
35 d’insidiatore adultero, non fura
etá gli affetti, e le incolpate genti
trova unite d’amor l’ultimo sole. •
Rustica pace ove sei tu? Non io
della speme vivrò, che a me pietosa
40 donna raccolga l’anima fuggente.
Aimè! ché invano i moribondi lumi
sospireranno un di pianto amoroso
in cittadine mura. E poi che nullo
turba gli ozi beati ai sempiterni
45 umano lutto ( 2 ), nell’obblio de’ carmi
cerchiam ristoro all’ egre anime nostre,
o mio Filandro. È dittamo allo spirto
la divina favella, ed in Vaichiusa
fe’ sulla tomba dell’amato capo
50 voluttuoso il piangere. L’acerba
piaga molcea l’innamorato cigno
colla rugiada d’ Elicona. E breve
s’anco appena una stilla a noi ne piove,
santo ufficio è il raccórla. E quegli è santo
55 che mirando a qual fin l’arte si volge,
l’ immortai veritá sempre vagheggia,
e coi piè calca if vulgo, e d’armonia
veste alla patria sua utili sensi.