Pagina:Berchet, Giovanni – Poesie, 1911 – BEIC 1754029.djvu/317

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AMORE
dalla garrula turba anzi che n’abbia
assonnati il motteggio e l’ indiscreta
nauseante licenza. Amor noi forse
troveremo in Licinia. Infra le elette
di plauso universal grido la pone.
Snella come le Grazie e dilicata,
ella, com’uso il vuol (ch’anco a natura
oggi dee l’uso comandar), di fianchi
elevati non fa pompa veruna,
né d’elevato petto: ignobil vanto
della robusta vergine dell’Alpi.
Quanti cor le allacciáro i suoi grandi occhi
lucidissimi negri, e gli scherzanti
bei ricci d’oro sull’ arcato ciglio
olenti della rosa che a noi manda
ricco di voluttadi il Munsulmano ! ( 6 ).
Odi rare parole e accorte e sparse
di nettarea dolcezza. E tal sorriso
non l’ebbe no la si lodata un tempo
incantatrice Armida: armi possenti
contro ogni usbergo. Ma la pallidezza,
che quel suo volto inalba eternamente,
la maggior preda di sospir le appresta.
È fama che inesperti un di gli affetti
non rifuggiano ad abitar soltanto
le latebre del cor, ma alcuna volta
anche sul volto lisciano de’ mortali.
Però che spesso sulla smorta guancia
della fanciulla (7) la gelosa madre
leggea la mente innamorata. E spesso
improvviso rossor tutti narrava
della consorte i furti ed i notturni
patti, al marito interrogante invano
le dotte ancelle nel silenzio. Alfine
ogni affetto senti l’urto feroce
degli ostacoli tanti, e alla prudenza
il governo de’ volti abbandonando
corse alle antiche sedi e si nascose.
Quella severa del suo regno i dritti
per variar di casi non obblia,