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XIII

Idee del signor Sismondi sul poema di Dante


Piaccia a’ lettori di richiamarsi alla memoria l’Articolo sopra un articolo inserito nel numero 34 del Conciliatore, e la licenza chiesta loro di recare in altro numero un transunto delle considerazioni del signor Sismondi sulla Divina commedia, stampate da lui nel suo libro Della letteratura del mezzogiorno d’Europa.

È noto a tutti come quel libro incontrasse in Italia un profluvio di encomi presso alcuni, del pari che un profluvio di censure spietate presso altri. Era cosa questa da potersi facilmente prevedere. Qui, manco male, vi ha persone non poche di schietto ingegno e di probitá assoluta. Ma in buona fede bisogna pur confessare (e peccato confessato è mezzo perdonato) che fra gli italiani leggenti v’è altresí una lunga genia di mediocri, senza fuoco veruno d’entusiasmo, tenaci della loro mediocritá, stizzosi contro chiunque arrischia un passo per uscirne, e smaniosi non d’essere, ma di far da dottori. Però nella moltitudine il libro del signor Sismondi doveva trovare di necessitá anche chi lo mordesse.

Inoltre, ne’ dotti, le discordie letterarie che scompigliano il giudizio d’alcuni o lo trascinano dietro la dittatura del giudizio altrui, e fors’anche certe ragioni d’invidia, d’adulazione, d’interesse, di servilitá..., ecc. ecc. ecc., dovevano far nascere censure molte ed indecenti contro il libro di un uomo che si manifesta, per sapienza ed onestá di carattere, superiore assai assai a molti suoi contemporanei. Sia detto senz’astio e senza mira ad alcun individuo, qui, come forse anche altrove, la letteratura