Pagina:Berchet, Giovanni – Scritti critici e letterari, 1912 – BEIC 1754878.djvu/210

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non avrebbe, no, tolte ad imprestito da altri le invenzioni fantastiche. Ma si può essere valente poeta anche senza pareggiar Dante. Non da tutti poi si vuole pretendere ciò che troviamo negli intelletti straordinari. — Si, crediamo noi pure che si possa essere valente poeta anche senza pareggiar Dante; ma crediamo altresi che il De Mena ne rimanesse tanto al di sotto da non meritare nome di scrittore piú che mediocre.

Parlando di mediocritá, due sorta ne riconosciamo: quella di coloro che, scevri da difetti al tutto grossolani, mancano poi affatto di bellezze che non sieno dozzinali; e quella del De Mena, il quale, quantunque alcuna rara volta brilli di qualche venustá non comune, ridonda poi di gravissimi ed abituali errori e di sciocchezze, che offuscano il merito delle rare sue fortune. Ora, è dettato vecchio che la mediocritá non è mai condizione sopportabile nei poeti. E al dettato vecchio noi aggiungeremo quest’altra proposizioncella, benché ella sia per riuscire spiacevole a molti in Italia: è incomportabile in un critico la tolleranza di componimenti mediocri. A siffatta tolleranza ci gioverebbe davvero di potere essere pronti anche noi, da ch’ella in certo modo acquieta tutte le coscienze e blandisce la vanagloria di chicchessia. Ma col venerare i mediocri si viene avvezzando la gioventú ad una facile contentatura ne’ di lei studi, e quindi si perpetua dannosamente la mediocritá. Se gl’italiani, a modo d’esempio, fossero meno corrivi ad esaltare ogni minuzia poetica de’ loro antenati, l’Italia non avrebbe tanti poeti quanti sono i suoi scolarini, non avrebbe la vergogna de’ suoi centomila sonetti; e molti, che sciupano la vita canticchiando de’ versi, vedremmo, forse con piú profitto delle loro famiglie e della patria, trattar la tanaglia o ’l compasso. La tolleranza è un dovere religioso, è una virtú sociale; ma in materie poetiche non è comandata da nessuna filosofia.

Da che ci guidano principi cosi severi, è impossibile per noi il tributar gran lodi né al De Mena, né a chiunque non regge al tocco della critica proclamata oggidí da un capo all’altro d’ Europa dalla crescente sagacitá de’ filosofi. È acerba invero per molti l’austeritá delle nuove leggi di cui ci facciamo propagatori;