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sulla «storia letteraria» del bouterweck 75

distinzioni ogni tratto, e presso coloro che per interesse privato non le vogliono fare, l’Italia rimase gran pezza come separata dal resto de’ viventi. E que’ pochi che osavano far parola della comoditá di allargare i confini della nostra dottrina, rinforzando gli studi patri colla conoscenza degli studi stranieri[3], erano accusati come nemici dell’onore italiano, o per lo meno derisi e respinti nel silenzio della lor solitudine.

Ma i pedanti hanno un bel fare: lo spirito umano cammina sempre, e ad essi manca la forza per rattenerlo. Nell’ultima metá del secolo scorso il regno di quelle signorie cominciò anche tra noi a dare un crollo e ad inclinarsi verso la sua fiera catastrofe. Gli studi pigliarono voga maggiore per molte cagioni che non occorre di annoverare, ma specialmente per questa: che, a misura che veniva cadendo di mano a’ frati l’istruzione della gioventú, il perpetuare ne’ popoli l’insipienza, e con essa la timida subordinazione, cessava d’essere il fine unico a cui mirassero le intenzioni de’ precettori. Quelle tra le opere de’ greci e de’ latini, che sono ricche di bellezze permanenti, furono gustate assai piú, perché spiegate con intelligenza meno superficiale. Per lo contrario i pedissequi imitatori di esse vennero perdendo sempre piú di credito, secondo che piú s’imparava a separare l’opportunitá dell’ammirazione dall’opportunitá dell’imitazione. Alle arcadiche fanciullaggini sottentrarono l’entusiasmo per Dante e per l’Ariosto e la ricerca di libri che inducessero a meditazione. Alcuni barlumi di una filosofia psicologico-letteraria fecero sospettare che vi avesse un tipo perpetuo ed universale del bello poetico, indipendentemente dalle opinioni municipali e dalle leggi e tradizioni scolastiche, indipendentemente dai soli fiori della locuzione. Si sentí la necessitá d’investigare l’essenza di questo tipo perpetuo; ma lo spirito analitico non era ancora