Pagina:Bernardino da Siena - Novellette ed esempi morali, Carabba, 1916.djvu/19

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introduzione vii


L’eloquenza di san Bernardino è differente, è diversa, è contraria. Spirito semplice e modesto, vivace e gagliardo, non si presta alle esigenze della moda. Si vuol terrorizzare le menti con l’apparato scenico. San Bernardino vuol muovere i cuori con la semplice parola, piana, persuasiva, colorita. Le sue prediche hanno sí l’ossatura scolastica, ma ciò per ottemperare al metodo consacrato ormai dalla tradizione. I suoi sermoni trascendono le norme artificiali dell’orazione: egli parla col cuore. La sua cultura teologica non cerca di sovrapporsi, ha degli accenni fugaci alla storia, ai classici, alle scienze, però sembra che cerchi quasi di evitarli, non ama fare uno sfoggio inutile di erudizione; egli non vuole abbarbagliare lo spirito con la rapida successione di immagini. Egli vuol commuovere i cuori e illuminare le menti. È fuori della corrente umanistica. Siena stessa del resto è quasi estranea al movimento della Rinascita.

Non avendo san Bernardino preoccupazioni letterarie, è il vero predicatore del popolo. Egli s’ingegna di parlare chiarozo chiarozo. Piú che una predica, la sua è una conversazione. L’uditore è divenuto un interlocutore. L’effetto è reale e pratico, poiché l’uditore ne resta contento e illuminato e non “imbarbagliato” né “pasciuto di vento.”

Nell’estate del 1427 san Bernardino predicò in Siena sulla piazza del Campo per quarantacinque giorni continui. Benedetto di maestro Bartolomeo, un cimatore di panni molto devoto al santo, s’era inventato una specie di scrittura stenografica, mediante la quale raccoglieva in tavolette di cera, parola per parola, la predica; appena tornato a casa la trascriveva; cosí noi abbiamo, fedelissimo, l’intero quaresimale del Santo.