Pagina:Bertacchi - Meteore Luminose, 1883.djvu/10

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nè il suo nome, nè l’anno in cui entrò nella Società, o l’abbandonò, nè ciò ch’egli fece, si potè rinvenire. Aggiunge tuttavia che gli venne da Roma trasmesso uno scritto, ove si dice che il De Dominis visse nell’ordine dei gesuiti venti e più anni, e si danno molte notizie sul suo insegnamento. Venti anni mi paiono troppi: poiché gli è certo che, non potendosi acconciare ai vincoli dell’ordine, affrettò la sua secolarizzazione verso il 1596. Il suo spirito inquieto e focoso male si adattava alle consuetudini dei Gesuiti ove la sommissione cieca e la disciplina rigorosa e perfetta doveano formare e formavano veramente il loro carattere più spiccato. Parve ad essi ch’egli volesse mettere a soqquadro la Compagnia, rimutandola da cima a fondo. In breve avvenne, come si esprime il Faldati, che nè la Società potè più sopportare quest’uomo, nè egli la disciplina della Società. Solo in una cosa adunque furono d’accordo: nel desiderio vivissimo di separarsi.

Dopo accettale le dimissioni, dicesi che il De Dominis sia stato inscritto fra i prelati della Curia Romana.

Ma accadde per avventura, proprio nello stesso anno 1596, che suo zio Antonio, vescovo di Segni, mentre con un esercito da Leucorichio, prefetto della Croazia, raccolto a danno dei Turchi, accorreva in aiuto dei Clissani assediati, moriva gloriosamente nel furore della mischia. Questo fatto svegliò nell’animo del nipote il desiderio di acquistare il vescovado rimasto vacante. Si recò egli dall’imperatore Rodolfo II, da cui dipendeva l’elezione di Segni, e seppe così bene cattivarsene l’ammirazione e l’affetto che finalmente ottenne quanto chiedeva. Questa nomina venne approvala nel 1600 da Clemente VIII, non senza molti