Pagina:Bertini - Guida della Val di Bisenzio, Prato, Salvi, 1892.djvu/56

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vociferando che si erano disperse per l’Appennino, Allora condusse seco il Barni dicendo: andiamo a vedere. Giunti da Pispola chiesero di questi nuovi arrivati: dormivano su in una camera del mugnaio. Il Sequi adducendo una scusa salì e col Barni entrò nella stanza. Garibaldi s’alzò a sedere, il compagno dormiva; senza scomporsi domandò che volessero. Al giovine parve raffigurare in quella faccia maschia e ardita, la faccia del Garibaldi, e rassicuratolo gli chiese che se fossero fuggiaschi delle bande garibaldine, stesse pur tranquillo; era fra amici. L’altro non volendo scoprirsi rispose che girando per i monti s’erano smarriti e in così dire fissava il giovine quasi per leggergli in cuore. Ma questi caldissimo per la causa italiana e per i suoi difensori, tornò con più ardire e vivezza di parole, dalle quali traspariva tutta la verità dei sentimenti, ad assicurare della fedeltà sua e dell’amico che aveva quivi condotto, facendogli conoscere che si affidasse pure a loro e finendo col dire: ma voi non potete esser che Garibaldi!

«Sì, sono Garibaldi, rispose allora il Generale, e mi metto nelle vostre mani.»

Michelangiolo Barni, che vive anche oggi padrone di una pizzicheria e drogheria a Carmignanello, raccontandomi in questa estate quanto ho esattamente riferito, mi diceva:

«Quando il Sequi sentì questo, gettò le braccia ai collo al Garibaldi e cominciò a baciarlo con un’effusione d’affetto tale, come se fosse suo padre e l’avesse ora riveduto dopo molti anni. Ma io l’avvertì che non si facesse sentire, perchè non si poteva esser tanto sicuri: dei codini ce n’era anche a Cerbaia.»