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CAPO DECIMOTERZO.


(1606-1607). A un fatto così nuovo restò prima sospesa l’Europa, poi vi prese una parte così viva come di causa comune; e nella moltitudine degli scritti in favore della Repubblica dettati da uomini egregi per fama e sapere, e fra l’eco delle opinioni avverse alla Curia, andavano smarrite le voci contrarie di preti e frati oscuri, gli scritti de’ quali, come lo attestano i Curiali medesimi, erano nemmanco letti avvegnachè distribuiti gratuitamente; per converso anco negli Stati Pontificii, malgrado il timore dell’Inquisizione, erano cercati a gran prezzo e letti avidamente quelli de’ Veneziani o de’ loro fautori, e con più particolare amore accolti gli scritti di Frà Paolo, i quali anco volavano oltre l’Alpi tradotti in latino, in francese o in tedesco ad uso di quelli che l’italiana favella non conoscevano. Non si ha forse esempio di tanto entusiasmo per un uomo; ma da quell’uomo dipendevano le sorti del Sacerdozio e dell’Impero. Intanto i frati a Mantova, a Ferrara, a Milano, a Napoli, si sbracciavano a predicare dai pulpiti contro il Senato, e il Sarpi additavano alla plebe come immagine o precursore dell’Anticristo. I gesuiti più astuti a turbare le coscienze e a sommovere i popoli, carteggiavano cogli aderenti loro nello Stato Veneto, vi mandavano fattorini; entravano essi ancora sotto mentite spoglie, tentavano,