Pagina:Bianchi-Giovini - Biografia di Frà Paolo Sarpi, vol.1, Zurigo, 1846.djvu/345

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capo xvii. 337

tre, ma sei od otto o dieci erano i delinquenti, e tutti gli poteva avere l’inquisitore se gli voleva, e gli lasciò andare.

Per dissipare l’opinione che la Curia avesse eccitato l’assassinio del temuto Servita, fu stabilito in un concistoro di cardinali di divolgare che Ridolfo Poma aveva voluto privarlo di vita non per altro che per l’odio grande che gli portava, imputandolo del suo fallimento. Ma veduta la gofferia, ripiegarono, facendo spargere che era stato per gelosia di donne: que’ reverendi volevano essere un po’ troppo liberali del proprio.

Il papa invece non ne fece il minimo cenno coll’ambasciatore veneto; ma con quello di Francia disse: dispiacergli quell’accidente, non già perchè non desiderasse di vedere Frà Paolo castigato; ma perchè non voleva che fosse seguito il castigo per tale via, conciossiachè non mancherebbero i maligni d’interpretare le cose in sinistro senso formando concetti a modo loro; e se ciò era seguito per zelo di alcuno, lo teneva per zelo indiscreto e pazzo.

Ma o egli non era coerente a sè stesso o sapeva più di quello che voleva dimostrare. Perocchè giunta in Francia la nuova di quell’attentato, e surtovi un orrore e sdegno grandissimo per la enormità del caso, e tutti sgridando e vilipendendo la corte romana, il papa disapprovando, com’egli diceva, il fatto, chiese l’interposizione di Enrico IV acciocchè il governo veneto non andasse innanzi colle informazioni.

Turbava ancora il pontefice la somma concitazione che l’atto nefando aveva cagionato in Vene-


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