Pagina:Bianchi-Giovini - Biografia di Frà Paolo Sarpi, vol.1, Zurigo, 1846.djvu/67

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capo iv. 59

molti lati, troppo spesso appoggiati ad ipotesi, troppo rado alle prove: più fortunati a scoprire gli errori esistenti che a scoprire nuove verità. Ma quantunque non valessero ancora a sostituire alcun che di compiuto al vecchio che distruggevano, oltrechè nelle loro opere abbondano le buone idee, le viste profonde, le scoperte o i tentativi di scoperte; valsero a introdurre il dubbio, prima filosofia, e i paragoni, importante conseguenza del dubitare e base inevitabile della dimostrazione; contribuirono a stenebrare le viete prevenzioni, a rompere gl’inciampi dell’autorità, a fare le menti più libere e più osservatrici, a far uso de’ sensi e della ragione, e spianarono la via a altri due Italiani, che parevano principalmente destinati a mutar faccia alle scienze filosofiche: Sarpi e Galileo. Ma quello distratto dalla fortuna a riformare altra specie di errori, lasciò tutto libero il campo al secondo; pure dirò anco in questa parte ciò ch’egli fece. Ma prima ricordi il lettore che egli era un povero frate, educato nei pregiudizi del chiostro, e spinto sulla carriera filosofica dalla sola prepotenza del suo genio: e noti ancora che la filosofia a quei tempi in Italia si trovava in gravi angustie. L’imperio di Spagna, inesorabile, sterminatore, avviliva gl’ingegni italiani; la corte di Roma li aveva in sospetto, l’Inquisizione gli perseguitava: ogni opinione, ogni scoperta, ogni libro, facevano temere un’eresia, erano sindacati da frati idioti che non li intendevano, e che li rigettavano come empii; nissuno poteva essere filosofo senza essere riputato ateo o mago: e un frate filosofo doveva temere più degli altri, benchè in