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capo iv. 83

fecero. Contuttociò vi era egli penetrato così addentro che pochi in Italia potevano andargli del paro, niuno sopravanzarlo.

Tutto assorto nelle cose erudite o scientifiche, aveva posto in non cale l’amena letteratura. La sua mente, poco immaginosa, tutta calcolo, non era fatta per la poesia; e quantunque si veda da’ suoi scritti che aveva letto i principali poeti greci e latini, sembra che il solo Omero lo abbia alquanto interessato non perchè fosse poeta, ma perchè

Primo pittor delle memorie antiche,


e storico dell’uomo in una società nascente. Dei poeti moderni, neppure degli italiani, non trovo che facesse qualche caso; eppure era vivo ancora a’ suoi tempi e salito in gran fama il Tasso, andavano per la bocca di tutti i versi dell’Ariosto, e Dante era tuttavia il poeta favorito de’ filosofi e dei teologi di quella età.

Era al contrario assiduo cogli storici: non ve ne era alcuno antico o moderno, eccellente o mediocre, ch’e’ non leggesse con molta attenzione; ma suoi cari modelli per la materia e per lo stile erano Tucidide, Senofonte, Polibio, Tito Livio e Tacito, e dallo studio di loro più che dai precetti de’ retori imparò le regole del bello, e quel gusto perfetto che si osserva nella sua Istoria del Concilio Tridentino.

Lo occupavano ancora le notizie letterarie, sempre inteso che fossero di scienze o di erudizione, e amava di tenersi informato di tutto che pubblicavano gli uomini più dotti del suo tempo. Gli leg-