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capo xx. | 113 |
secolo passato la corte di Roma traeva dai regni cristiani un’annua rendita di 150 milioni di franchi. Se poi ci trasportiamo ai tempi anteriori a Lutero quando la potenza dei papi era grande, e florido il traffico delle indulgenze, e la loro inesplebile cupidità non trovava che deboli opposizioni; e se alla materia beneficiaria e delle indulgenze e delle dispense si aggiunge il commercio delle reliquie, l’assoluzione di casi riservati, le somme enormi versate per canonizzazione o beatificazione di santi o autenticazione di miracoli, i lucri immensi cavati ogni 25 anni dalla pubblicazione del giubileo, le decime dei frati ed altri guadagni ritratti da mercanzie spirituali, è quasi impossibile determinare le somme che ne ritraevano; ma è certo per lo meno che il papa aveva egli solo una rendita uguale od anco maggiore a tutti insieme i principi dell’Europa.
Il giubileo, imitazione de’ giuochi secolari degli antichi Romani, fu inventato da papa Bonifacio VIII nel 1300, e doveva celebrarsi ogni 100 anni; Clemente VI nel 1349 lo ridusse a 50 anni; Urbano VI papa di Roma trovandosi in bisogno di danaro per far fronte al suo rivale Clemente VII papa di Avignone, lo stabilì nel 1389 a 33 anni; e infine Paolo II nel 1470, ad ogni 25 anni. Una volta questa solennità tirava a Roma 400,000 persone, ed a buon titolo il prefato Clemente VI chiamava le indulgenze distribuite in quella occasione il tesoro della chiesa; infatti profittavano la bella somma di 40 o 50 milioni a dir poco. L’ultimo giubileo del 1825 non condusse nella capitale del mondo cristiano che tre o quattro mila pitocchi: segno di decadenza.
Vita di F. Paolo T. II. | 8 |