Pagina:Bianchi-Giovini - Biografia di Frà Paolo Sarpi, vol.2, Zurigo, 1847.djvu/255

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capo xxvi. 247

successivamente il manifesto che sparse per l’Europa della sua condotta ed erronea maniera di pensare. Pregando poi il Signore che la illumini, mi dichiaro ecc.»

Questa lettera porta tutti i caratteri di autenticità: in primo luogo per la semplicità della locuzione e dei modi, poi perchè la minuta originale di Frà Fulgenzio fu veduta dal cavaliere Trifone Wrachien consultore di Stato della repubblica veneta che la comunicò al Grisellini, e altra copia ve n’ha pure, benchè con qualche variazione, fra le carte del doge Foscarini; infine si accorda a punto con quanto Frà Paolo scriveva al Gillot, e con ciò che ne dice lo stesso de Dominis nella sua epistola dedicatoria: cioè che l’autore conservava gelosamente quell’opera e non la faceva vedere che a’ suoi più fidati amici, che a fatica era riuscito a cavargliene copia, che non sapeva come esso fosse per interpretare la sua risoluzione di darla a luce; aggiungendo che l’autore medesimo la destinava probabilmente a perire, e che ei la presentava al re come un Mosè salvato dalle acque. Tutte queste espressioni che sembrano promosse dallo Spalatro a bel proposito di scusarsi col Sarpi, nelle cui mani sarebbe indubitatamente caduta l’opera, indicano apertamente che il Sarpi non ebbe alcuna parte nella stampa del suo libro.

Ciò nondimeno noi dobbiamo sapere buon grado al de Dominis di questo abuso di confidenza, senza di cui non avremmo forse l’Istoria del Concilio Tridentino. Nè quel prelato si limitò all’uffizio di editore, che si assunse quello ancora di traduttore. Es-