Pagina:Bianchi-Giovini - Biografia di Frà Paolo Sarpi, vol.2, Zurigo, 1847.djvu/270

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zioni degli Stati dove risiedevano, e il loro pratico acume era sempre diretto al vantaggio della patria. Lasciamo pure, se si vuole che non si cerchi il principio di questa perspicacia in un ingegno naturale o forse natio, ma se veramente il Senato adoperava tanta forza di mente nel ponderare le faccende esteriori, quando ogni 15 giorni udiva tanti dispacci di ambasciatori, residenti e consoli, bisogna confessare che per questo continuo esercizio di politica, e fondandosi non su vociferazioni od apparenze ma su argomenti di fatto, penetrasse nel vero senso delle cose e sviluppandole in quel modo che giustamente conveniva fermasse per esaminarle in ciascuna sua parte l’opportuno e retto punto di vista». Infatti quegli ambasciatori, muti ma vigili personaggi, seguivano senza farsi scorgere i più tortuosi andirivieni della diplomazia, nè vi era arcano di corte o missione segreta d’inviato ch’essi non penetrassero; e perchè i moti della politica de’ gabinetti riflettono per contracolpi, l’ambasciatore in Spagna o in Germania scopriva i maneggi di Roma, e quello in Roma vedeva le pratiche che si facevano in corte di Francia o di Spagna.

Così per esempio fu dalle relazioni di Antonio Suriano ambasciatore a Roma, di cui il Pallavicino non vide che una copia informe e Frà Paolo ebbe sott’occhio gli autografi, che quest’ultimo cavò le trattazioni occulte passate a Bologna tra l’imperatore Carlo V e papa Clemente VII. Pure negli archivi trovò l’istoria scritta da Antonio Milledonne e il diario di Bernardo Ottobuon segretari dell’am-