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Maria

(la quale in questo frattempo si era appoggiata mezzo svenuta sulla nutrice, ora si alza, e i suoi occhi incontrano lo sguardo teso di Elisabetta. Essa ne raccapriccia, e si abbandona di nuovo sul seno della nutrice).

O Dio! da quei lineamenti il cuore non parla.

Elisabetta

Chi è la Signora?

(Silenzio universale).

Leicester

Tu sei a Fotheringay, o Regina.

Elisabetta

(si mostra sorpresa e stupefatta, volgendo un’occhiata cupa a Leicester).

Chi mi fece un tal tratto? Lord Leicester!

Leicester

La cosa è fatta, o regina; ed or che il cielo avviò i tuoi passi a questa volta, lascia che la magnanimità e la compassione trionfino.

Talbot, Conte di Shrewsbury

Consenti, donna reale, a piegare il tuo sguardo sull’infelice, che si curva alla tua presenza.

(Maria si raccoglie, e vuole andare incontro a Elisabetta, ma si ferma a mezzo rabbrividendo tutta; i suoi gesti esprimono una violentissima agitazione).

Elisabetta

Come, Milordi? Chi fu dunque colui, che mi annunziava un inchino profondo? Io trovo invece una superba in nessuna guisa domata dall’infortunio.

Maria

E sia così. Anche a questo io vo’ sottomettermi. Va, fuggi, invalido orgoglio di un’anima generosa!