Pagina:Boccaccio, Giovanni – Il comento alla Divina Commedia e gli altri scritti intorno a Dante, Vol. I, 1918 – BEIC 1758493.djvu/108

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m Appresso, giá vicino alla sua morte, compose un libretto in prosa latina, il quale egli intitolò De vulgari eloquentia; e comeché per lo detto libretto apparisca lui avere in animo di distinguerlo e terminarlo in quattro libri, o che piú non ne facesse dalla morte soprappreso, o che perduti sien gli altri, piú non appariscon che i due primi.

In cosí fatte cose, quali di sopra narrate sono, consumò il chiarissimo uomo quella parte del suo tempo, la quale egli agli amorosi sospiri, alle pietose lagrime, alle sollecitudini private e publiche e a’ vari fluttuamene della iniqua fortuna potè imbolare: opere troppo piú a Dio e agli uomini accettevoli che gl’inganni, le fraudi, le menzogne, le rapine e’ tradimenti, li quali la maggior parte degli uomini usano oggi, cercando per qualunque via un medesimo fine, cioè di divenir ricchi, quasi nelle ricchezze ogni bene, ogni onore, ogni beatitudine stea. Oh menti sciocche, una brieve particella d’un’ora separará dal caduco corpo lo spirito, e tutte queste vituperevoli fatiche annullerá; e il tempo, nel quale ogni cosasi suol consumare, o senza indugio recherá a niente la memoria del ricco, o quella per alcuno spazio con gran vergogna di lui serverá! Il che del nostro poeta certo non avverrá; anzi, si come noi veggiamo degli strumenti bellici avvenir, che, usandogli, piú chiari diventano ognora, cosí il suo nome, quanto piú sará stropicciato dal tempo, tanto piú chiaro e piú lucente diventerá.

XXV

SPIEGAZIONE DEL SOGNO DELLA MADRE DI DANTE

Mostrato è sommariamente qual fosser l’origine, gli studi e la vita e’ costumi, e quali sieno l’opere state dello splendido uomo Dante Alighieri, poeta chiarissimo, e con esse alcuna altra cosa, facendo transgressione, secondo che conceduto m’ha Colui che d’ogni grazia è donatore. Ma la mia fatica non è