Pagina:Boccaccio, Giovanni – Il comento alla Divina Commedia e gli altri scritti intorno a Dante, Vol. I, 1918 – BEIC 1758493.djvu/190

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Le quali cose sanamente considerate, assai aperto dimostrano noi dover potere per lo leone, al nostro autore apparito, intendere il vizio della superbia, la quale all’uomo, che da lei e dall’altre nequizie si vuol partire e tornare nel cammino delle virtú, si para dinanzi agli occhi della mente, non lusingandolo, ma spaventandolo, col mostrargli che, dove egli la sua maggioranza, il suo altiero stato abbandoni, egli diverrá un menomo plebeio; né sará mai ad alcuna gran cosa chiamato, e intra’ suoi di niuna reputazione avuto, sará dispettato, e da coloro, li quali esso ha giá premuti, offeso e scalpitato, rubato e spogliato; e, se egli ancora del suo stato scende, non vi potrá, quando vorrá, risalire. [Para ancora la gloria della preminenza, la potenza del levare in alto e d’abbassare secondo il suo volere, la pompa degli onori, e simili cose assai.] Le quali cose senza alcun dubbio hanno molto a muovere le tenere menti e a renderle timide di cadere, e per conseguente a farle ritirare indietro dalla laudevole impresa. Ma a queste due, dice l’autore essere ancora ad impedire il suo cammino sopravvenuta una lupa, e quella, piú che l’altre due, averlo spaventato e ripintolo indietro. La terza bestia, che davanti all’autore si parò, fu una lupa, fiero animale e orribile, il quale, come davanti dissi, è inteso per l’avarizia, con la quale come costei si convenga, come nell’altre due abbiam fatto, alcune delle sue proprietá prese, e con quelle del vizio conformatole, il mostreranno. Manifesta cosa è la lupa essere animale famelico e bramoso sempre; appresso, quando quel tempo viene, nel quale ella è atta a dovere concépere, avendo molti lupi dietro continuamente, a quello il quale piú misero di tutti le pare, gli altri schifati, si concede; e, oltre a ciò, il lupo è animale sospettissimo, continuo si guarda d’intorno, e quasi in parte alcuna non si rende sicuro, credo dalla coscienza sua medesima accusato.

Dico adunque la lupa essere famelico e bramoso animale, e quel medesimo essere l’uomo avaro; percioché, quantunque l’uomo avaro abbia quello che gli bisogna, onestamente e in qualunque guisa ragunato, forse con molta sollecitudine e gran suo pericolo, non sta a quel contento; ma, da maggior cupiditá