Pagina:Boccaccio, Giovanni – Il comento alla Divina Commedia e gli altri scritti intorno a Dante, Vol. I, 1918 – BEIC 1758493.djvu/209

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«celestiale»; percioché, dopo l’aver giudicato, elegge l’uomo quello che egli debba dire e quello che egli debba rifiutare; percioché lo eleggere quello che sia utile e rifiutare quello che sia caduco e disutile, è atto di celestiale ingegno. La nona è chiamata Calliope, cioè «ottima voce». Sará dunque l’ordine questo: primieramente volere la dottrina; appresso dilettarsi in quello che l’uom vuole; poi perseverare in quello che diletta; e, oltre a ciò, prendere quello in che si dee perseverare; e quinci ricordarsi di quello che l’uom prende; appresso trovare del suo cosa simigliante a quello di che l’uom si ricorda; dopo questo, giudicar di quello di che Tuoni si ricorda; e cosí eleggere quello di che si giudichi; e ultimamente profferere bene quello che l’uomo avrá eletto.] [Dalle quali dimostrazioni, e spezialmente per le prime, si può comprendere che cagione muova i poeti ad invocare il loro aiuto. Nondimeno pare ad alcuno che le muse si debbano dinominare da «moys», che in latino viene a dire «acqua». E questo vogliono, percioché il comporre, e ancora il meditare alcuna invenzione e la composta esaminare, si sogliano con meno difficultá fare su per la riva di un bel fiume o d’alcun chiaro fonte che in altra parte, quasi il riguardar dell’acqua abbia alle predette cose e muovere e incitar gl’ingegni. E questo par che vogliano prendere da ciò che Cadmo re di Tebe, sedendo sopra il fonte chiamato Ippocrene, trovò le figure delle lettere greche, le quali essi ancora usano; come che da Palamede poi, e ancora da Pittagora, ve ne fossero alcune aggiunte; e quivi similemente meditò la loro composizione insieme, accioché, secondo quello che era opportuno al greco idioma, per quelle si profferesse; affermando ancora molti fonti, secondo l’antico errore, essere stati alle muse consecrati, si come il fonte Castalio, il fonte Aganippe ed altri, questo rispetto avendo, che sopra quegli fossero gl’ ingegni umani piú pronti alle meditazioni che in alcun’altra parte.] «O alto ingegno.» È l’ingegno dell’uomo una forza intrinseca dell’animo, per la quale noi spesse volte troviamo di nuovo quello che mai da alcuno non abbiamo apparato. Il che avere