Pagina:Boccaccio, Giovanni – Il comento alla Divina Commedia e gli altri scritti intorno a Dante, Vol. II, 1918 – BEIC 1759042.djvu/133

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raddomandare Elena, il che piú volte per ambasceria fecero, e nel sommuovere tutta Grecia alla impresa contro a’ troiani, e nel dar ordine e nel fare l’apparecchio delle cose opportune a tanta guerra. E il vero che gli ultimi dieci furono molto peggiori che i primi, percioché in essi furono dintorno ad Ilione fatte molte battaglie, e in esse furono uccisi molti valenti uomini e popolo assai.

Elena fingono i poeti essere stata figliuola di Giove e di Leda, moglie di Tindaro, re d’Oebalia, e lui dicono in forma di cigno, con lei bellissima donna e madre d’Elena, esser giaciuto, narrando in questa forma la favola di Giove, ecc. Ma le istorie vogliono lei essere stata figliuola di Tindaro, re d’Oebalia, e di Leda, e sirocchia di Castore e di Polluce. Fu la bellezza di costei tanto oltre ad ogni altra maravigliosa, che ella non solamente a discriversi con la penna faticò il divino ingegno d’Omero, ma ella ancora molti solenni dipintori e piú intagliatori per maestero famosissimi stancò: e intra gli altri, si come Tullio nel secondo deWAr/e vecchia scrive, fu Zeusis eracleate, il quale per ingegno e per arte tutti i suoi contemporanei e molti de’ predecessori trapassò. Questi, condotto con grandissimo prezzo da’ croteniesi a dover la sua effigie col pennello dimostrare, ogni vigilanza pose, premendo con gran fatica d’animo tutte le forze dello’ngegno suo; e, non avendo alcun altro esemplo, a tanta operazione, che i versi d’Omero e la fama universale che della bellezza di costei correa, aggiunse a questi due un esemplo assai discreto: percioché primieramente si fece mostrare tutti i be’ fanciulli di Crotone, e poi le belle fanciulle, e di tutti questi elesse cinque, e delle bellezze de’ visi loro e della statura e abitudine de’ corpi, aiutato da’ versi d’Omero, formò nella mente sua una vergine di perfetta bellezza, e quella, quanto l’arte potè seguire l’ingegno, dipinse, lasciandola, si come celestiale simulacro, alla posteritá per vera effigie d’Elena. Nel quale artificio, forse si potè abbattere l’industrioso maestro alle lineature del viso, al colore e alla statura del corpo: ma come possiam noi credere che il pennello e lo scarpello possano effigiare la letizia degli occhi, la piacevolezza di tutto il