Pagina:Boccaccio, Giovanni – Il comento alla Divina Commedia e gli altri scritti intorno a Dante, Vol. II, 1918 – BEIC 1759042.djvu/140

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del re"Marco, suo zio, per la qual cosa fu fedito dal re Marco d’un dardo avvelenato. Laonde vedendosi morire, ed essendo la reina andata a visitarlo, l’abbracciò, e con tanta forza se la strinse al petto, che a lei e a lui scoppiò il cuore, e cosí insieme morirono, e poi furono similmente seppelliti insieme. Fu costui al tempo del re Artú e della Tavola ritonda, ed egli ancora fu de’ cavalieri di quella Tavola. «E piú di mille Ombre mostrommi, e nominolle a dito», dice «mille», quasi molte, usando quella figura la qual noi chiamiamo «iperbole»; «Ch’amor», cioè quella libidinosa passione, la qual noi volgarmente chiamiamo «amore», «di nostra vita dipartine», con disonesta morte; percioché, per quello morendo, onestamente morir non si puote. «Poscia ch’io ebbi». Qui comincia la quinta parte del presente canto, nella qual dissi che l’autore con alcuni spiriti dannati a questa pena parlava, e dice: «Poscia ch’io ebbi il mio dottore udito Nomar le donne antiche e i cavalieri», che di sopra ha nominati; «Pietá mi vinse e fui quasi smarrito». In queste parole intende l’autore d’ammaestrarci che noi non dobbiamo con la meditazione semplicemente visitar le pene de’ dannati; ma, visitandole e conoscendole, e conoscendo noi di quelle medesime per le nostre colpe esser degni, non di loro, che dalla giustizia son puniti, ma di noi medesimi dobbiamo aver pietá, e dover temere di non dovere in quella dannazione pervenire, e compugnerci ed affliggerci, accioché tal meditazione ci sospinga a quelle cose adoperare, le quali di tal pericolo ne tragghino e dirizzinci in via di salute. E usa l’autore di mostrare di sentire alcuna passione, quando maggiore e quando minore, in ciascun luogo: e quasi dove alcun peccato si punisce, del quale esso conosca se medesimo peccatore. E, avuta questa passione al suo difetto, sèguita: «Io cominciai: — Poeta, volentieri Parlerei a que’ due che ’nsieme vanno», essendo da quella bufera portati, «E» che «paiono si al vento esser leggeri», — cioè con minor fatica volanti. «Ed egli a me: — Vedrai quando saranno», menati dal vento, «Piú presso a noi, e tu allor gli prega, Per quell’amor, che i mena», qual che quello amor si