Pagina:Boccaccio, Giovanni – Il comento alla Divina Commedia e gli altri scritti intorno a Dante, Vol. II, 1918 – BEIC 1759042.djvu/176

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era assai volentieri da qualunque gentiluomo ricevuto. «Per la dannosa colpa della gola, Come tu vedi, alla pioggia mi fiacco»; cioè in questo tormento mi rompo. Pioveva quivi, come di sopra è detto, grandine grossa, la quale, agramente percotendogli, tutti gli rompea; e dice che ciò gli avvenia «per la dannosa colpa della gola», nelle quali parole manifesta qual vizio in questo terzo cerchio dell’inferno sia punito, che ancora per infino a qui apparito non era, chiamando il vizio della gola «dannosa colpa»: e questo non senza cagione, percioché dannosissimo vizio è, si come piú distesamente si mostrerá appresso nella esposizione allegorica. «Ed io anima trista»; e veramente è trista l’anima di chi a si fatta perdizion viene, «non son sola»; quasi voglia dire, non vorre’ che tu credessi che io solo fossi nel mondo stato ghiotto, perciò «Che tutte queste», le quali tu vedi in questo luogo dintorno a me, «a simil pena stanno», che fo io, e «Per simil colpa» — cioè per lo vizio della gola: «e», detto questo, «piú non fe’ parola». «Io gli risposi», cioè gli dissi: — «Ciacco, il tuo affanno», il quale tu sostieni per la dannosa colpa della gola, «Mi pesa si», cioè tanto, «ch’a lagrimar m’invita»: e mostra qui l’autore d’aver compassione di lui, accioché egli sei faccia benivolo a dovergli rispondere di ciò che intende di domandare. E nondimeno, quantunque dica «a lacrimar m’invita», non dice perciò che lacrimasse; volendo, per questo, mostrarne lui non essere stato di questo vizio maculato, ma pure alcuna volta essere stato da lui per appetito incitato, e perciò non pena, ma alcuna compassione in rimorsione del suo non pieno peccato ne dimostra. E però segue: «Ma dimmi, se tu sai, a che», fine, «verranno i cittadin», cioè i fiorentini, «della cittá partita»; peroché in que’ tempi Firenze era tutta divisa in due sètte, delle quali l’una si chiamavano Bianchi e l’altra Neri; ed era caporale della setta de’ Bianchi messer Vieri de’ Cerchi, e di quella de’Neri messer Corso Donati; ed era questa maladizione venuta da Pistoia, dove nata era in una medesima famiglia chiamata Cancellieri: e dimmi «S’alcun v’è giusto»,