Pagina:Boccaccio, Giovanni – Il comento alla Divina Commedia e gli altri scritti intorno a Dante, Vol. II, 1918 – BEIC 1759042.djvu/184

Da Wikisource.

del tutto da’ corpi libere sono? E’ non è dubbio che molto piú la debban poter dimostrare. E perciò non pare inconveniente l’autore aver domandata l’anima dannata, come altra volta è stato detto, delle cose future, né essa averne risposto; come coloro, che il dubbio moveano, volevan mostrare.] [È il vero che il credere che alcuna anima dannata usasse questa sua divinitá in alcuua sua consolazione, credo sarebbe contro alla veritá; ma dobbiam credere che, se per virtú di questa divinitá essa prevede alcuna felicitá d’alcuno, questo essere ad accrescimento della sua miseria, e cosí il prevedere gl’infortuni, li quali afflizione e noia gli debbono aggiugnere.] «Ed io a lui», cioè a Ciacco, dissi: — «Ancor», oltre a ciò che detto m’hai, «vo’che m’insegni», cioè dimostri, «E che di piú parlar mi facci dono», dicendomi: «Farinata» degli Liberti «e ’l Tegghiaio», Aldobrandi, «che fur si degni» d’onore, quanto è al giudicio de’ volgari, li quali sempre secondo l’apparenza delle cose esteriori giudicano, senza guardare quello onde si muovono o che importino; «Iacopo Rusticucci, Arrigo», Giandonati, «il Mosca», de’ Lamberti.

Furono, questi, cinque onorevoli e famosi cavalieri e cittadini di Firenze; e, perché i loro nomi paion degni di fama, di loro in singolaritá domanda l’autore, dimostrando poi in generalitá degli altri. «E gli altri», nostri cittadini, «che ’n ben far», corteseggiando e onorando altrui, non a ben fare secondo Iddio, «poser gl’ingegni», cioè ogni loro avvedimento e sollecitudine, «Dimmi», se tu il sai, «ove sono», se son qui con teco o se sono in altra parte, «e fa’ ch’io gli conosca»; quasi voglia dire: io non gli riconoscerei veggendogli, se non come io non riconosceva te, tanto il brutto tormento, nel quale se’, gli dee aver trasformati; «Ché gran disio mi strigne di sapere Se ’1 ciel gli addolcia», cioè con dolcezza consola, «o l’inferno gli attosca», — cioè riempie d’amaritudine e di tormento. «E quegli» ( supple ) rispose: — «Ei son», coloro de’ quali tu domandi, «tra l’anime piú nere».

Creò Domeneddio Lucifero, splendido, chiaro e bello piú che altra creatura, ma ’•egli, per superbia peccando, divenne