Pagina:Boccaccio, Giovanni – Il comento alla Divina Commedia e gli altri scritti intorno a Dante, Vol. II, 1918 – BEIC 1759042.djvu/228

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siamo veri iddíi e non vani. Queste due spezie di tristizia, mostra Virgilio d’avere ottimamente sentito nel sesto del suo Eneida, lá dove egli manda i perfidi e ostinati uomini in quella parte dello ’nferno, la quale esso chiama Tartaro, nella quale non è alcuna redenzione; e gli altri, li quali hanno sofferto tristizia e pena per le lor colpe, mena ne’ campi Elisi, cioè in quello luogo ove egli intende che sieno le sedie de’ beati. O vogliam dire quello che per avventura piú tosto i poeti sentirono, gl’iddii, i quali costei nutrica e alberga, essere il sole e le stelle, le quali alcuna volta ne vanno in Egitto; e questo è nel tempo di verno, quando il sole, essendo rimoto da noi, è in quella parte del zodiaco, la quale gli astrologhi chiamano «solestizio antartico». Percioché, oltre agli egizi meridionali in quelle parti abitanti, esso fa quello che gli astrologhi chiamano «zenit capitis»; e in questo tempo sono nutriti il sole e le stelle dalla palude di Stige, secondo l’opinione di coloro li quali stimavano che i fuochi dei corpi superiori della umiditá de’ vapori surgenti dall’acqua si pascessero; e appo questa palude di Stige, mentre nel mezzo di dimorano, stanno e albergano. Che questa padule di Stige, secondo la veritá, sia sotto la plaga meridionale, il dimostra Seneca in quel libro il quale egli scrisse Delle cose sacre d’Egitto, dicendo che la palude di Stige è appo coloro che nel superiore emisperio sono; mostrando appresso che non guari lontano da Siene, estrema parte d’Egitto verso il mezzodí, essere un luogo il quale è chiamato da’ greci «phile», il quale è tanto a dire quanto «amiche»; e appo quel luogo essere una grandissima padule, la quale, conciosiacosaché a trapassarla sia molto malagevole e faticoso, percioché è molto limosa e impedita da’ giunchi, li quali essi chiamano «papiri», è appellata Stige, percioché è cagion di tristizia, per la troppa fatica a’ trapassanti ] [Che gl’iddii giurino per questa palude di Stige, può esser la ragion questa: noi siamo usati di giurare per quelle cose le quali noi temiamo, o per quelle le quali noi desideriamo; ma chi è in somma allegrezza, non pare che abbia che desiderare, quantunque abbia che temere; e questi cotali sono gl’iddii, i