Pagina:Boccaccio, Giovanni – Il comento alla Divina Commedia e gli altri scritti intorno a Dante, Vol. II, 1918 – BEIC 1759042.djvu/240

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qui per la pietra significarsi Cristo. Oltre a questo, si legge nelV Apocalissi: «Substulit angelus lapidari quasi molarem et misit in mare-», per la qual pietra vogliono i dottori, s’intendano i pessimi e malvagi uomini. Ed Ezechiel dice: «Auferam eis cor lapidanti», per la quale intendono i dottori la durezza della infedelitá. E il salmista dice: «Descenderunt in profundum, quasi lapides», intendendo per questa pietra il peso e la gravezza del peccato.] [E però, senza por piú esempli, potete vedere, com’ è detto, una medesima cosa avere diversi sensi e diverse esposizioni; il che, come delle figure del Vecchio Testamento addiviene, cosi similmente addiviene delle fizioni poetiche, le quali significano quando una cosa e quando un’altra.] [Ora si suole intorno a queste esposizioni spesse volte dire per li laici la Scrittura avere il naso di cera, e perciò i predicatori e i dottori, secondo che lor pare, torcerlo ora in questa parte e ora in altra. La qual cosa non è vera: pcrcioché la Scrittura di Dio non ha il naso di cera, anzi l’ha di diamante, del quale non si può levare, né vi si può appiccare alcuna cosa, né si può rintuzzare, si come quella la quale è fondata e ferma sopra pietra viva, e questa pietra è Cristo: ma puossi piú tosto dire questi cotali avere il cuore, lo ’ntelletto e lo ’ngegno di cera, e perciò vedere con gli occhi incerati, e come son fatti eglino pieghevoli ad ogni dimostrazione vera e non vera, cosí par loro sia fatta la Scrittura; non conoscendo che la varietá de’ sensi è quella che n’apre la veritá nascosa sotto il velo delle cose sacre, la quale noi aver non possiamo, né potremmo, se sempre volessimo ad una medesima cosa dare un medesimo significato. Non si dovranno alcuni maravigliare, se in altra parte Cerbero significò il vizio della gola, e in questa gli s’attribuisce la guardia delle ricchezze.] fLez. xxx] Ma, accioché noi alle spezie de’due peccati ci deduciamo, dico che, secondo che i poeti scrivono, ne’ tempi che Saturno regnò, fu una etá tanto laudevole, tanto piacevole e tanto, a coloro che allora vivevano, graziosa e innocente, che essi la chiamarono, come altra volta è detto, l’«etá dell’oro». E, quantunque