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CANTO OTTAVO

I

{{|Sc|Senso letterale}}

[Lez. xxxiii] «Io dico, seguitando, ch’assai prima», ecc. Continuasi l’autore in questo canto alle cose precedenti in questa forma che, avendo nella fine del precedente canto mostrato come, alquanto aggirata della padule di Stige, pervenissero a piè d’una torre; nel principio di questo dimostra quello che, avanti al piè della torre pervenissero, vedessero, discrivendo poi quello che di ciò che videro seguisse: e intende l’autore dimostrare in questo come, trasportati da Flegias dimonio per nave, pervenissero alla porta della cittá di Dite. E dividesi il presente canto in quattro parti: nella prima dimostra l’autore come, vedute certe fiamme sopra due torri, distanti l’una all’altra, un demonio chiamato Flegias venisse in una barchetta, e come in quella Virgilio ed esso discendessero; nella seconda discrive l’autore ciò che, navicando per la palude, udisse e vedesse d’uno spirito chiamato Filippo Argenti; nella terza mostra come, giunti nel fosso della cittá di Dite, e quindi alla porta di quella pervenissero; nella quarta pone la raccolta fatta loro da’ demòni, che sopra la porta o all’entrata della porta erano, e come, avendo Virgilio parlato con loro, gli fosse da loro chiusa la porta nel petto, e turbato a lui se ne tornasse, e quel che dicesse. La