Pagina:Boccaccio, Giovanni – Il comento alla Divina Commedia e gli altri scritti intorno a Dante, Vol. II, 1918 – BEIC 1759042.djvu/272

Da Wikisource.

in esso alcuna potestá; ma esso gridar contro a Virgilio, accioché l’autore spaventasse, e, spaventandolo, il rimovesse dal suo buon proponimento, cioè dal voler conoscere le colpe de’ peccatori e i tormenti dati a quelle, accioché per lo conoscer delle colpe apparasse quello che era da fuggire, e per la pena prendesse timore e quindi compunzione, se per avventura in quella colpa caduto fosse.

Al qual dimonio cosí gridante disse Virgilio: — «Flegias, Flegias»; era questo il propio nome del dimonio chela nave menava, il qual Virgilio quasi dirisivamente due volte nomina; seguitando: «tu gridi a vóto», cioè per niente, —«Disse lo mio signore». E poi soggiugne la cagione per la quale Flegias grida a voto, dicendo: — «A questa volta», che qui se’ venuto, «Piú non ci avrai», che tu ci avessi, «se non passando il loto», — cioè il padule pieno di loto.

E. questo detto, dimostra quello che a Flegias paresse, queste parole udendo e credendole, e dice: «Quale è colui che grande inganno ascolta, Che gli sia fatto», che prima si turba, «e poi se ne rammarca», con gli amici e con altrui; «Tal si fe’ Flegias nell’ira accolta», parendogli essere ingannato in ciò che alcun di lor due non dovesse rimanere, e che esso invano passasse il loto: che forse mai piú avvenuto non gli era. [E, avanti che piú si proceda, è da sapere che, secondo che scrive Lattanzio in libro Divina rum institutionum, questo Flegias fu figliuolo di Marte, uomo malvagio e arrogante e fastidioso contro agl’iddii. Ebbe questo Flegias, secondo che Servio dice, due figliuoli, Issione e una ninfa chiamata Coronide, la quale, essendo bellissima, piacque ad Apolline, iddio della medicina; di che segui che Apolline giacque con lei e ingravidolla, ed essa poi partorí un figliuolo, il quale fu chiamato Esculapio. La qual cosa sentendo Flegias, e adiratosi forte, senza prendere altro consiglio, impetuosamente corse in Delfos, e quivi mise fuoco nel tempio d’Apolline, il quale a que’ tempi dall’error de’ gentili era in somma reverenzia e divozione quasi di tutto il mondo; percioché quivi ogni uomo per risponsi delle bisogne sue concorreva. E fu questo tempio arso da Flegias,