Pagina:Boccaccio, Giovanni – Opere latine minori, 1924 – BEIC 1767789.djvu/327

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nota 321


Il testo, purgato anche da insidiosi sbagli di lettura che s’inserirono nelle stampe1 e salvaguardato contro inopportune proposte emendative messe innanzi dai critici2, diventa qui finalmente in tutto chiaro, logico, afferrabile dalla prima all’ultima linea: dato per altro il tipo di questo latino ancora medievale nella durezza e assillato dalla ricerca del vocabolo peregrino sui modelli di Apuleio e di Fulgenzio, ricerca specialmente intensificata a bella posta nell’ep. III3, l’intelligibilitá vorrebbe appoggiarsi per lo meno ad un volgarizzamento o ad un glossario, che non possono tuttavia trovar posto in queste pagine.

Grandi cure ha richiesto per sé l’ortografia delle quattro epistole, dato che quella di ZL si rivela quanto mai incerta, incostante ed inconsapevole, cosí che la sua riproduzione fedelissima sarebbe stata di un’utilitá e di un’opportunitá piú che discutibili. Naturalmente, non volli rammodernare: anzi, procedendo con i piedi di piombo, cercai solo di ricondurre ad un tipo unico ed al



    dalla parola e di piú fu risolto male il compendio finale, sí che venne fuori amicis, che portò conseguentemente a mutare habet in habetur (cfr. qui, p. 318); il Sabbadini si avvide della soppressione dell’a e dell’aggiunta alla c, ma arrivò ad una lettura minus inammissibile (Giorn. stor., LXV 1, p. 411).

  1. Di quelli del Ciampi, passati o aggravatisi nel volume del Corazzini, non giova occuparci, perché giá ne fece giustizia il Traversari; quelli della stampa Trav., a loro volta, furono rettificati dal Sabbadini, Giorn. stor., LXVI, p. 410 sgg. (si aggiunga un esse fidebam, che non darebbe senso e non si giustificherebbe paleograficamente, in luogo del genuino confidebam 11513, avvertendo inoltre che la punteggiatura del ms. porta la pausa dopo non inspecto e non giá prima).
  2. Eccone un saggio. In luogo di cristibia «maga» 10916 il Torraca propose (Per la biogr., p. 92, n. 1) crustibia «tormentum»; al Sabbadini quempiam 11235 parve errore per quepiam, e solo piú tardi fu forza riconoscerlo giusto (Rendic., p. 325; Giorn. stor., LXVI, p. 412); il medesimo studioso non ravvisò il ben noto significato dell’indeclin. saligia 1167, la parola-acrostico formata con le iniziali dei nomi dei peccati capitali, onde mise avanti un’inesistente saligias «strepiti, clamori di disapprovazione» (Rendic., p. 326; ma giá al Parodi, Bull. d. Soc. Dant., n. s., XV, p. 282, era parso «un po’ singolare» che il Traversari non avesse saputo spiegarla); agente 11936 parve errore al Traversari, che stampò invece agente[m], ma qui il Sabb. ebbe buon giuoco a riconoscere un abl. ass. correttamente usato (l. cit.); male fu corretto posset 1271 in posse dal medesimo Trav. (p. 70, n. 5); infine cupio desiderare 12420 non parve dar senso al Torraca, che pensò (op. cit., p. 93, n. 1) al biblico «cupio dissolvi»: anche qui il Sabb. fu il vindice della buona lezione, ch’è quella del ms. (Rendic., p. 327). Inutili inversioni furono invocate, per pretese necessitá del cursus, nei nessi monitis aures 11612 e sepe singultibus 12112 (Parodi, Osservaz. cit., pp. 236 e 240).
  3. «Cathagrafavi enim obscure», con quel che segue (qui, p. 117).
G. Boccaccio, Opere latine minori. 21