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Rime 155

     La dolorosa et puzolente festa1
     Che festi del tuo nato, quand’in questa
     Vita ’l produsse il natural sentiero!
Né lascia questo divenire antiquo
     L’infamia tua2, ché nel cinquantesmo310
     Gravida avevi quella cui tenevi4.
     O crudel patria, o sacerdote iniquo!
     Poi, dov’huom scarca ’l ventre, per battesmo
     Si died’a quel cui generato avevi5.


CXXII.

AD UN IGNOTO6.


S’io ò le Muse vilmente prostrate
     Nelle fornice7 del vulgo dolente,


  1. Qual fosse, dichiarano i vv. 13-14, che spiegano il perché di quell’epiteto puzolente.
  2. «La tua infamia non abbandona il tuo invecchiare (divenire antiquo).»
  3. Anno.
  4. Per fantesca.
  5. Al figliolo.
  6. I sonetti CXXII-CXXIV furono diretti tutti quanti ad un tale — non una persona qualunque, a giudicare dalla deferenza con cui accolse le sue osservazioni il poeta — che lo aveva rimproverato di aver prostituito le Muse palesando le lor parti occulte alla feccia plebeia (CXXII, 1-4), ossia, in altre parole, di aver aperto al vulgo indegno i concetti dell’alta mente di Dante (CXXIII, 1-3): il Boccacci rispose umilmente e pazientemente, cercando di giustificarsi con varie scuse. Egli era vecchio e malato (cfr. qui, p. 157, n. 4), e stanco anche della fatica che la Lettura dantesca, affidatagli dai suoi cittadini il 25 agosto 1373, gl’imponeva; infatti poco tempo dopo la sospese (fine di dicembre). Cfr. Giorn. stor. cit., LXI, pp. 360-3; O. Bacci, Il Bocc. lettore di Dante, Firenze, pp. 28-30.
  7. ‘Questa voce viene dalla latina fornix, che volta o arco significa, ed in senso metaforico postribolo’ (Baldelli).