Pagina:Boccaccio - Decameron I.djvu/140

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136 giornata seconda

senza alcuno indugio ciò che il re di Capadocia domandava fece, e lui quanto piú poté allo scendere sopra Osbech sollecitò, apparecchiandosi egli d’altra parte d’andargli addosso. Osbech, sentendo questo, il suo esercito ragunato, prima che da’ due potentissimi signori fosse stretto in mezzo, andò contro al re di Capadocia, lasciata nelle Smirre a guardia d’un suo fedele famigliare ed amico la sua bella donna: e col re di Capadocia dopo alquanto tempo affrontatosi, combatté, e fu nella battaglia morto ed il suo esercito sconfitto e disperso. Per che Basano vittorioso cominciò liberamente a venirsene verso le Smirre: e venendo, ogni gente a lui sí come a vincitore ubidiva. Il famigliar d’Osbech, il cui nome era Antioco, a cui la bella donna era a guardia rimasa, ancora che attempato fosse, veggendola cosí bella, senza servare al suo amico e signor fede, di lei s’innamorò: e sappiendo la lingua di lei; il che molto a grado l’era, sí come a colei alla quale parecchi anni a guisa quasi di sorda e di mutola era convenuta vivere, per lo non aver persona inteso, né essa essere stata intesa da persona; da amore incitato, cominciò seco tanta famigliaritá a pigliare in pochi dí, che non dopo molto, non avendo riguardo al signor loro che in arme ed in guerra era, fecero la dimestichezza non solamente amichevole, ma amorosa divenire, l’un dell’altro pigliando sotto le lenzuola maraviglioso piacere. Ma sentendo costoro, Osbech esser vinto e morto, e Basano ogni cosa venir pigliando, insieme per partito presero di quivi non aspettarlo: ma presa grandissima parte delle cose che quivi eran d’Osbech, insieme nascosamente se n’andarono a Rodi, e quivi non guari di tempo dimorarono, che Antioco infermò a morte. Col quale tornando per ventura un mercatante cipriano da lui molto amato e sommamente suo amico, sentendosi egli verso la fine venire, pensò di volere e le sue cose e la sua cara donna lasciare a lui, e giá alla morte vicino, ammenduni gli chiamò, cosí dicendo: — Io mi veggio senza alcun fallo venir meno; il che mi duole, per ciò che di vivere mai non mi giovò come ora faceva. È il vero che d’una cosa contentissimo muoio, per ciò che, pur dovendo morire, mi veggio morir nelle braccia