Pagina:Boccaccio - Decameron I.djvu/313

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novella quinta 309

sí per lo lungo e continuo studio, sí per la grassezza della terra procedente dalla testa corrotta che dentro v’era, divenne bellissimo ed odorifero molto. E servando la giovane questa maniera del continuo, piú volte da’ suoi vicin fu veduta; li quali, maravigliandosi i fratelli della sua guasta bellezza e di ciò che gli occhi le parevano della testa fuggiti, il disser loro: — Noi ci siamo accorti che ella ogni dí tiene la cotal maniera. — Il che udendo i fratelli ed accorgendosene, avendonela alcuna volta ripresa e non giovando, nascosamente da lei fecero portar via questo testo. Il quale, non ritrovandolo ella, con grandissima istanza molte volte richiese, e non essendole renduto, non cessando il pianto e le lagrime, infermò, né altro che il testo suo nella ’nfermitá domandava. I giovani si maravigliavan forte di questo addomandare, e per ciò vollero vedere che dentro vi fosse: e versata la terra, videro il drappo ed in quello la testa non ancora sí consumata, che essi alla capellatura crespa non conoscessero lei esser quella di Lorenzo. Di che essi si maravigliaron forte e temettero non questa cosa si risapesse: e sotterrata quella, senza altro dire, cautamente di Messina uscitisi ed ordinato come di quindi si ritraessono, se n’andarono a Napoli. La giovane non ristando di piagnere e pure il suo testo addomandando, piagnendo si morí, e cosí il suo disavventurato amore ebbe termine; ma poi a certo tempo, divenuta questa cosa manifesta a molti, fu alcun che compose quella canzone la quale ancora oggi si canta, cioè:

     Qual esso fu lo malo cristiano,
che mi furò la grasta, etc.