Pagina:Boccaccio - Fiammetta di Giovanni Boccaccio corretta sui testi a penna, 1829.djvu/123

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falce nell’altrui biade. Che hanno le cose d’amore a fare con teco? A me sono altissime case e belle, ampissimi campi e molte bestie, a me tesori conceduti dalla tua mano; perchè in queste cose, o con fuoco o con acqua o con rapina o con morte non si distese la tua ira? Tu m’hai lasciate quelle cose che alla mia consolazione non possono valere, se non come a Mida la ricevuta grazia da Bacco alla fame, e haitene portato colui solo, il quale io piú che tutte l’altre cose avea caro.

Ahi, maladette siano l’amorose saette, le quali ardirono di prendere vendetta di Febo, e da te tanta ingiuria sostengono! Ohimè! che se esse t’avessero mai punta come elle pungono ora me, forse tu con piú diliberato consiglio offenderesti agli amanti. Ma, ecco, tu m’hai offesa, e a quello condotta che io ricca, nobile e possente, sono la piú misera parte della mia terra, e ciò vedi tu manifesto. Ogni uomo si rallegra e fa festa, e io sola piango; nè questo ora solamente comincia, anzi è lungamente durato tanto, che la tua ira doveria essere mitigata. Ma tutto il ti perdono se tu solamente, di grazia, il mio Panfilo, come da me il dividesti con meco il ricongiungi; e se forse ancora la tua ira pur dúra, sfoghisi sopra il rimanente delle mie cose. Deh, increscati di me, o crudele! Vedi che io sono divenuta tale che quasi come favola del popolo sono portata in bocca, dove con solenne fama la mia bellezza soleva essere narrata. Comincia ad essere pietosa verso di me, acciò che io, vaga di potermi di te lodare, con parole piacevoli onori la tua maestà, alla quale, se benigna mi torni nel dimandato dono, infino ad ora prometto, e qui sieno testimonii gl’iddii, di porre la.mia imagine ornata quanto potrassi ad