Pagina:Boccaccio - Fiammetta di Giovanni Boccaccio corretta sui testi a penna, 1829.djvu/140

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tra le donne m’assetto; e quivi diverse cose, ora dall’una ora dall’altra ascoltando con doglia nascosa quanto io piú posso, passo quello tempo che io vi dimoro. Ohimè! quante volte già m’ho io udito dire assai d’appresso: Oh, quale maraviglia è questa! Questa donna, singulare ornamento della nostra città, cosí rimessa e umile è divenuta? Qual divino spirito l’ha spirata? Ove le nobili robe? Ove gli altieri portamenti? Ove le mirabili bellezze si sono fuggite?

Alle quali parole, se licito mi fosse stato, avrei volontieri risposto: Tutte queste cose, con molte altre piú care, se ne portò Panfilo dipartendosi.

Quivi ancora dalle donne intorniata, e da diverse domande trafitta, a tutte con infinto viso mi conviene satisfare. L’una con cotali voci mi stimola: O Fiammetta, senza fine di te me e l’altre donne fai maravigliare, ignorando quale sia stata sí súbita la cagione che le preziose robe hai lasciate e li cari ornamenti, e l’altre cose dicevoli alla tua giovine etade; tu, ancora fanciulla, in sí fatto abito andare non dovresti. Non pensi tu che, lasciandolo ora, per innanzi ripigliar nol potrai? Usa gli anni secondo la loro qualità. Questo abito di tanta onestade da te preso non ti falla per innanzi. Vedi qui qualunque di noi, piú di te attempate, ornate con maestra mano, e d’artificiali drappi e onorevoli vestite, e cosí tu similemente dovresti essere ornata.

A costei e a piú altre aspettanti le mie parole rendo io con umile voce cotale risposta: Donne, o per piacere a Dio o agli uomini si viene a questi templi. Se per piacere a Dio ci si viene, l’anima ornata di virtú basta, nè forza fa, se il corpo di cilicio fosse vestito; se per piacere agli uomini ci si viene, con ciò sia cosa che la maggior