Pagina:Boccaccio - Fiammetta di Giovanni Boccaccio corretta sui testi a penna, 1829.djvu/141

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parte, da falso parere adombrati per le cose esteriori giudichino quelle dentro, confesso che gli ornamenti usati e da voi e da me per addietro, si richieggiono. Ma io di ciò non ho cura, anzi, dolente delle passate vanità, volonterosa d’ammendare nel cospetto d’Iddio, mi rendo quanto posso dispetta agli occhi vostri.

E quinci le lagrime dall’intrinseca verità cacciate per forza fuori mi bagnano il mesto viso, e con tacita voce cosí con meco medesima dico: O Iddio, veditore de’ nostri cuori, le non vere parole dette da me non m’imputare in peccato. Come tu vedi, non volontà d’ingannare, ma necessità di ricoprire le mie angoscie a quelle mi strigne, anzi piuttosto merito me ne rendi, considerando che’l malvagio essemplo levando, alle tue creature il do buono: egli m’è grandissima pena il mentire, e con faticoso animo la sostengo, ma piú non posso.

Oh quante volte, o donne, ho io per questa iniquità pietose laude ricevute, dicendo le circustanti donne me divotissima giovine di vanissima ritornata! Certo, io intesi piú volte di molte essere oppinione, me di tanta amicizia essere congiunta con Dominedio, che niuna grazia a lui da me dimandata, negata sarebbe; e piú volte ancora dalle sante persone per santa fui visitata, non conoscendo esse quel che nell’animo nascondea il tristo viso, e quanto li miei disiderii.fossero lontani alle mie parole. O ingannevole mondo, quanto possono in te gl’infinti visi piú che li giusti animi, se l’opere sono occulte! Io, piú peccatrice che altra, dolente per li miei disonesti amori, però che quelli velo sotto oneste parole, sono reputata santa; ma conoscelo Iddio, che, se senza pericolo essere potesse, io con vera