Pagina:Boccaccio - Fiammetta di Giovanni Boccaccio corretta sui testi a penna, 1829.djvu/161

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danno! O ombre infernali, o etterno Caos, o tenebre d’ogni luce nemiche, occupate l’adultere case, sì che gl’iniqui occhi non godano d’alcuna luce; e li vostri odii, o vendicatrici delle scelerate cose, entrino negli animi acconci a’ mutamenti, e impetuosa guerra generate fra loro!

Appresso questo, gittato un ardente sospiro, aggiunsi alle rotte parole: O iniquissima donna, qualunque tu se’, da me non conosciuta, tu ora l’amante, il quale io lungamente ho aspettato, possiedi, e io misera languisco a lui lontana. Tu delle mie fatiche possiedi il guiderdone, e io vacua senza frutto dimoro de’ seminati prieghi. Io ho porte l’orazioni e gl’incensi agl’iddii per la prosperità di colui il quale furtivamente tu mi dovevi sottrarre, e quelle furono udite per utile di te. Or ecco, io non so con quale arte nè come tu me gli abbi tratta del cuore e messavi te, ma pure so che così è; ma così ne possi tu tosto rimanere contenta, come tu n’hai me lasciata. E se forse a lui la terza volta innamorarsi è malagevole, gl’iddii non altramente dividano il vostro amore che quel della greca donna e del giudice d’Ida divisero, o quel del giovine abideo dalla sua dolente Ero, o de’ miseri figliuoli d’Eolo, volgendosi contro di te l’aspro giudicio, ed egli rimanendo salvo. O pessima femina, tu dovevi bene, la sua faccia mirando, pensare che egli senza donna non era; dunque, se ciò pensasti, che so che ’l pensasti, con quale animo procedesti a tòrre quel che d’altrui era? Certo con nemico animo, avviso; e io sempre come nemica e occupatrice de’ miei beni ti seguirò e sempre, mentre ci viverò, mi nutricherò della speranza della tua morte; la quale io non comune priego che sia come l’altre,