Pagina:Boccaccio - Fiammetta di Giovanni Boccaccio corretta sui testi a penna, 1829.djvu/184

Da Wikisource.

e temendolo vizioso, mi fu cagione d’entrare in altri avvisi, e tutti mi vennero meno, fuori solamente d’Ecate le mirabili cose, delle quali, acciò che a’ paurosi spiriti sicurissima mi commettessi, più vole con diverse persone, vantatisi ciò sapere operare, ebbi ragionamenti; e alcune di trasportarmi subitamente impromettendomi, altre di sciogliere la sua mente da ogni altro amore e nel mio ritornarlo, altre dicendo di rendere a me la pristina libertà, volendo io d’alcune di queste all’effetto venire, più di parole che d’opere le trovai piene; onde non una volta, rimasi da loro nella mia speranza confusa, e, per lo migliore, senza più a queste cose pensare, mi diedi ad aspettare il tempo congruo dal mio caro marito promesso a fornire il vóto fittizio.


CAP. VII.


Nel quale Madonna Fiammetta dimostra come, essendo un altro Panfilo, non il suo, tornato là dove ella era, ed essendole detto, prese vana letizia, e ultimamente, ritrovando lui non esser desso, nella prima tristizia si ritornò.


Continuavansi le mie angoscie non ostante la speranza del futuro viaggio, e il cielo con movimento continuo seco menando il sole, l’uno dì dopo l’altro traeva senza intervallo, e me in affanni e in amore non iscemante, un più lungo tempo che io non volea mi tenne la vana speranza. E già quello Toro che trasportò Europa tenea Feboonon la sua luce, e li giorni