Pagina:Boccaccio - Fiammetta di Giovanni Boccaccio corretta sui testi a penna, 1829.djvu/73

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questo molto mi ricorda più che negli altri dimorare occupata, benchè sovente io e dalle sue medesime lagrime da me vedute, e dalle mie fatiche, le quali mai non mutarono la mia fermezza, argomentai non potere essere vero, che per sì piccolo affanno si spegnesse amore così grande, sperando ancora che la sua giovine età e la discrezione da altro accidente noioso me ’l guarderebbero.

Così adunque a me opponendo, e rispondendo, e solvendo, trapassai tanti giorni, che non che lui alla sua patria pervenuto pensai solamente, ma ancora ne fui per sua lettera fatta certa. La quale essendo a me per molte cagioni graziosissima, lui ardere come mai mi fece palese, e con maggiori promesse vivificò la mia speranza del suo tornare.

Da questa ora innanzi, partiti i primi pensieri, nuovi in luogo di quelli subitamente ne nacquero. Io alcuna volta diceva: Ora Panfilo unico figliuolo al vecchio padre, da lui, il quale già è molti anni nol vide, con grandissima festa ricevuto, non che egli di me si ricordi, ma io credo che egli maledice i mesi i quali qui con diverse cagioni per amor di me si ritenne; e ricevendo onore ora da questo amico e ora da quell’altro, biasima forse me, che altro che amarlo non sapea quando c’era. E gli animi pieni di festa sono atti a potere essere tolti d’uno luogo, e obligarsi in un altro. Deh, ora potrebbe egli essere che io in così fatta maniera il perdessi? Certo appena che io il possa credere. Iddio cessi che questo avvenga; e come egli ha me tenuta e tiene, tra’ miei parenti e nella mia città, sua, così lui tra’ suoi e nella sua conservi mio. Ohimè! con quante lagrime erano mescolate queste parole, e con quante