Pagina:Boccaccio - Fiammetta di Giovanni Boccaccio corretta sui testi a penna, 1829.djvu/76

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seguire le mi conveniva. Egli trapassavano poche mattine che io, levata, non salissi nella più eccelsa parte della mia casa, e quindi non altramente che li marinari, sopra la gabbia del loro legno saliti, speculano se scoglio o terra vicina scorgono che gli impedisse, riguardo tutto il cielo; poi verso l’oriente fermata, considero quanto il sole, sopra l’orizonte levato, abbia del nuovo giorno passato; e tanto quanto io il veggio più innalzato, cotanto diceva più il termine avvicinarsi della tornata di Panfilo. E quasi con diletto quello molte volte rimirava salire; nè discernendolo, ora alla mia ombra fatta minore, e quando dallo spazio del suo corpo alla terra fatto maggiore, di lui la salita quantità estimava, e meco stessa diceva lui più pigramente che mai andare, e più dare a’ giorni di spazio nel Capricorno che nel Cancro dar non solea; e così similmente lui al mezzo cerchio salito, dicea a diletto starsi a riguardare le terre, e quantunque egli velocemente si calasse all’occaso, sì mi parea tardo. Il quale, poi che, tolta al nostro mondo la luce sua, alle stelle la loro lasciava mostrare, io contenta molte volte meco i dì trapassati annoverando, quello con gli altri passati con una piccola pietra segnava, non altramente che gli antichi, i lieti dalli dolenti spartendo, con bianche e con nere petruzze solevano fare. Oh quante volte già mi ricorda che anzi tempo io la vi giunsi, parendomi tanto del termine dato scemare, quanto più tosto l’aggiungeva al trapassato, ora le petruzze per li passati segnate, e ora quelle, che per quelli che erano a passare stavano, annoverando, benchè di ciascune ottimamente il numero nella mente avessi; ma quasi ogni volta sperava l’une cresciute e l’altre dover trovare